Ri-scrivere una legge per ri-pensare la vita. Il ri-uso e l’arte della vita quotidiana

Augusto LacalaNews

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Riscrivere si può. Anche quando si tratta di una legge.

Da Gennaio 2014 il Senato approvando il decreto “pene alternative” , ha riaperto il dibattito sulla necessità di modifica della legge Bossi-Fini, in materia di immigrazione. Il reato di clandestinità non esiste più, ma è stato trasformato in illecito amministrativo.

La Bossi-Fini in vigore fin dal 2002, introduceva rispetto alla precedente norme in materia, a firma Turco-Napolitano, la necessità di un contratto di lavoro per la permanenza in Italia e un irrigidimento delle pene per i clandestini, rinforzata ancor più dal Decreto Sicurezza del luglio 2009. Rimpatrio e condanna penale, lo scotto da pagare per i migranti non in regola.

Cosa cambia con l’approvazione del decreto” pene alternative”?

Né carcere, né procedimenti penali, per gli stranieri sprovvisti di permesso di soggiorno. Resta in vigore l’espulsione obbligatoria degli irregolari, il rilievo penale in caso di mancato obbligo di dimora e la pena detentiva in caso di recidiva, ovvero in caso di rientro irregolare in Italia.

Ora secondo le leggi costituzionali la palla passerà alla Camera dei Deputati per essere approvata in seconda battuta. Solo quando l’identico testo, senza modifiche, verrà approvato da entrambe le Camere la legge passerà al vaglio del Presidente della Repubblica, per poi essere promulgata ed entrare in vigore.

Mille le polemiche, tra chi dice che una depenalizzazione favorisca l’irregolarità, per la serie “Ci provo tanto non è reato”, e chi invece sostiene che mitigare le pene sia un gesto che favorisce l’integrazione; tra chi pensa solo allo snellimento della macchina della Giustizia e allo vuotamento delle carceri e chi accusa la Bossi- Fini di aver favorito le falsificazioni di contratti di lavoro e atti di matrimonio.

Di sicuro una legge del 2002 è una norma vecchia, che non si adatta più alle condizioni del paese e va modificata, basti pensare all’articolo 11 “Chiunque compie atti diretti a procurare l’ingresso nel territorio dello Stato di uno straniero è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a 15.000 euro per ogni persona” (che aiuta). Questo comma, che dovrebbe punire i trafficanti di clandestini, in realtà rende difficilissimo il soccorso degli stranieri in acque territoriali ed il loro traghettamento a terra, da parte di chi vuole solo salvare una vita

Al di là delle singole polemiche e delle osservazione più o meno produttive, di questa virata legislativa va sottolineato un cambio di rotta verso il diritto di chi, disperato arriva nel nostro paese, a #riprendersi, a #ricostruire la propria vita, insomma il diritto a #ritrovarsi come essere umano.

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