Le fabbriche dell’altra economia

Augusto LacalaNews

Riusare le cose significa scrivere nuove storie per gli oggetti, ma soprattutto per la vita delle persone. E’ questo il messaggio di piccole e grandi realtà come RiMaflow e Officine Zero, centri di riconversione industriale e fabbriche di dignità allo stesso tempo.

“Dare una seconda vita ai rifiuti, facendoli diventare di nuovo prodotti disponibili al mercato è innanzitutto un’attività capace di produrre lavoro” Questo il messaggio che Bidonville e Rete Onu, il network che raccoglie la maggior parte degli operatori del riuso in Italia, portano avanti ormai da anni, cercando di dialogare con una politica ancora cieca di fronte all’evidenza: nel solo distretto di Roma più del 63% dei rifiuti conferiti in discarica è riutilizzabile.

Riuscire a sbrogliare la matassa di leggi miopi, che regolano il ritorno dell’usato sul mercato, quindi, significa creare lavoro per più di 80.000 figure professionali, che oggi si muovono in maniera ancora disordinata in questo settore.

RiMaflow e Officine Zero hanno fatto proprio questo: hanno dribblato il sistema per “salvare capra e cavoli”, ovvero da una parte la necessità di occupazione di tanti cassintegrati e dall’altra, il bisogno di non lasciare al degrado spazi aziendali in dismissione.

RiMaflow, la fabbrica occupata di Trezzano sul Naviglio, recupera apparecchiature elettriche ed elettroniche obsolete. Dopo anni di lotta per strappare al fallimento la vecchia Maflow, che produceva componentistica per le vetture della BMW, oggi RiMaflow, come dice il suo nome, è una Cooperativa Sociale “dell’altra economia”. Non solo tecnologia green, ma anche prodotti agroalimentari, artigianato, cultura attraverso convegni ed eventi e dignità per tanti lavoratori a rischio.

Produceva invece treni, la vecchia fabbrica dove oggi ha sede Officine Zero. O meglio, la Rsi costruiva e assemblava i romantici “wagon lits” per le trasferte in notturna, testimoni di un’epoca in cui ci poteva volere una notte intera, per andare da Reggio Calabria a Milano. Oggi ci sono i Frecciarossa e Trenitalia non usa più vagoni letto. Il risultato è sempre lo stesso: azienda chiusa e decine di lavoratori in mezzo a una strada.

Poi nel 2012 l’idea: creare un laboratorio di riconversione nello stabilimento abbandonato. Nasce così Officine zero, in provincia di Roma. Anche qui si recuperano materiali elettrici e non, per rimetterli sul mercato e nel frattempo si restituisce la dignità del lavoro a tante famiglie.

I soldi? Arrivano dall’inventiva: dalla vendita dei prodotti della fabbrica autogestita, ma anche dalla trasformazione di parte dei locali in studentato, dai progetti di co-working, affiancati da uno sportello di assistenza legale e dal catering sorto nella vecchia mensa aziendale.

L’Unione Europea ci chiede entro il 2020 di ripensare l’economia in chiave circolare, trasformando le attività industriali in sistemi dove la produzione sia connessa al riuso. Osservando “l’altra economia” di queste due fabbriche di sogni, la nuova era sembra un po’ più vicina.

Non si crea mai niente che non esista già. La “creazione” è trasformazione.  (Vinicio Capossela)