Intrecci a tombolo :architetture sottili a ritmo di un tip tap

Augusto LacalaAntiquariato e dintorni

inserti a tombolo

Quando si parla di merletti e pizzi la mente va subito alla città di Cantù. Eppure proprio da Napoli,  parte una “cultura del fare”, altrettanto raffinata e antica. L’arte dell’intreccio a tombolo rischia di venir spazzata via dalla modernità. Quello che si può fare è raccontare.

La tradizione del tombolo a Napoli risale addirittura al 1500, localizzata soprattutto in periferia e molto fiorente fino agli anni ’50 a Pozzuoli e ad Ischia.

Avete mai guardato una merlettaia usare il tombolo? Quello che colpisce di più non è la velocità delle dita, ma il rumore che i fuselli di legno, producono mescolandosi negli intrecci.  E’ un rumore che somiglia al ritmo delle scarpe da tip tap, un ritmo che culla e invita a tornare indietro nel tempo.  Fili e mani  volteggiano in un valzer sfrenato per formare catene fitte di foglie, fiori e geometrie.

Per lavorare al tombolo occorre un cuscino in paglia speciale, appunto il tombolo, detto anche “‘o pallone” e una serie di fuselli, cioè i rocchetti su cui si “carica” il filo di seta.

I rocchetti lavorano come i carabinieri: sempre in coppia. Si va dalle 2 alle 28 doppiette, a seconda della bravura delle lavoratrici e alla complessità del disegno.
Come per un qualsiasi capo di alta moda,la bellezza dei lavori dipende anche dai bozzetti di partenza. E’ sul disegno, che si lavora con l’aiuto degli spilli, appuntati a fermare ogni singolo intreccio.

Alla fine, una mappa di centinaia di chiodini, brilla tra i fili, come le pietre preziose sui gioielli di una regina. Il risultato è la trasformazione dello schizzo di partenza a matita  in un disegno in 3D, fatto di trama e nodi.

Il tombolo ci parla di un tempo in cui andare in sposa senza corredo era uno scandalo e star ferme a ricamare, era usato anche come punizione per le marachelle delle bambine.

Asciugamani,  tovaglie, interi abiti da sposa : il tombolo è una tecnica versatile che consente di realizzare inserti, bordature, interi complementi d’arredo e persino gioielli.

La storia delle trine napoletane si intreccia con l’arte di un grande pittore dell’800 partenopeo, Gioacchino Toma, che realizzò una serie di tavole a grandezza naturale, per la didattica di questa tecnica.

Di quella raccolta rimangono 40 esemplari, riuniti nel testo ” Merletti napoletani” dalla ricercatrice Bianca Rosa Bellomo .

“ll lavoro che dal 2010 portiamo avanti – racconta Mena Renzi, presidente dell’Associazione tombolo napoletano– è quello di rivendicare le radici partenopee di questa tecnica. Con  i nostri corsi tramandiamo un lavoro artigianale che oggi quasi nessuno sa fare più!”

Quello che colpisce guardando negli occhi tante anziane signore delle trine, è la serenità che regala l’amore. Ore e ore, passate ogni giorno a costruire architetture sottili, non si possono spiegare senza la passione per un lavoro che è soprattutto una filosofia di vita.

Ritmo metodico e sapienza paziente: ecco quello che fa di un’appassionata una maestra!