Come trasformare la via del riuso in un’autostrada per la ricchezza

Augusto LacalaNews

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Il 22 dicembre è stato approvato, dopo la spola di rito tra Camera e Senato, il cosiddetto Collegato Ambientale, inserito nella legge di stabilità del 2016. In soldoni si tratta di un decreto attuativo atteso da un bel po’, che dovrebbe mettere in ordine tutti i codici in materia ambientale delle ultime stagioni. Di carne a cuocere nel testo ce n’è parecchia, anche per quanto riguarda le norme sul riuso, ma senza una lista di priorità anche questa mano di vernice green del Parlamento rischia di rivelarsi solo un’impupazzata!

Ma andiamo con ordine. Per gli appassionati del riuso e per gli addetti ai lavori, l’articolo più succulento è il 66, numero emblematico che la Smorfia napoletana identifica con le due zitelle.

Secondo questo passaggio, i centri di raccolta comunali,potranno essere dotati, a stretto giro, di aree per la preparazione al riutilizzo, ovvero spazi per una cernita accurata dei prodotti ancora in buono stato e per la raccolta di tutti i materiali utili per eventuali riparazioni.

Del resto secondo L’Unione Europea per salvare il pianeta il riciclo non basta, ma sonosoprattutto riparazione e riuso le parole chiave delle linee guida europee .

Ora però non mettetevi ad immaginare carovane di bricoleurs della domenica in fila verso leisole ecologiche per prelevare materiali per gli aggiusti fai da te. Gli attori del decreto rimangono gli operatori di settore. Quali? Per saperlo dovremo attendere i decreti attuativi:ma di sicuro dopo anni di attesa, una legge che definisca prioritaria la seconda vita delle cose ora c’è!

Quindi fine della storia? Niente affatto! Come ha commentato in maniera molto onesta Ermete Realacci presidente della Commissione Ambiente ed esponente del Pd, per completare il puzzle mancano ancora parecchi tasselli.

L’economia circolare promossa dall’UE, non si traduce solo in qualche norma sulla raccolta differenziata e sul riciclo degli imballaggi, ma è una rivoluzione copernicana che deve modificare tutto il modo di concepire l’economia, proprio a partire dal concetto di materie prime che possono diventare anche materie seconde, trasformando i rifiuti in risorse.

Punto centrale di questa blue economy, come è stata definita, però rimane il lavoro. L’economia del riuso non deve essere un’economia di ripiego dettata dall’allarmismo ambientale: per espandersi ha bisogno di diventare un’economia che porta ricchezza. Per farlo, occorre lavorare su più fronti, dal riconoscimento della figura di operatore dell’usato, che a tutt’oggi non esiste, alle necessarie modifiche fiscali che separino il settore dell’usato da quello del nuovo e premino le buone azioni a favore dell’ambiente.

Senza questi provvedimenti le due zitelle collegate al numero 66 dell’articolo, resteranno due vecchie befane che neppure la Fata Turchina potrebbe trasformare in appetitose damigelle.

Di tutto questo si discuterà in un convegno organizzato da Rete Onu (la Rete Nazionale Operatori dell’Usato) di cui Bidonville è a capo, che si terrà a Montecitorio il 17 Marzo e a cui parteciperanno tanti esponenti del mondo politico e ambientalista.

“C’è una cosa più forte di tutti gli eserciti del mondo e questa è un’idea il cui momento ormai è giunto.” (Victor Hugo)

Con questa frase Ermete Realacci ha chiuso il suo commento in Parlamento all’approvazione del Collegato Ambientale. Il momento di agire è ora. Noi di Bidonville speriamo che per una virata della legge che esprima tutte le potenzialità del settore non occorra aspettare altri anni!

 

Foto di copertina Paul Nickel per National Geographic